LA VIA SACRA DI VARESE ARTE E BELLEZZA COME COMPAGNE DI VIAGGIO

GOING LOCAL: a cura di Barbara Pigoli, una milanese a Varese

Superato l’arco d’ingresso, eccomi sulla “Via Sacra” che si snoda lungo le pendici del Monte Orona (o Monte di Velate), in un contesto naturale e paesaggistico di inconsueta bellezza, dal 2003 Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Nessun biglietto da pagare, né prenotazioni, né cancelli… Basta camminare per poco più di due chilometri su un percorso acciottolato in salita, in un contesto scenografico di mirabile magnificenza paesaggistica, fra boschi di faggi, castagni e noccioli, sino a raggiungere la sommità del monte (883 mt di quota). Il “Sacro Monte” “sopra” Varese (divenuto successivamente “di” Varese in seguito all’unificazione del borgo di Varese con i territori circostanti) fa parte dei “Sacri Monti”, edificati come luoghi di pellegrinaggio per i fedeli che non potevano più recarsi in Terra Santa, dopo la conquista turca di Costantinopoli.

I lavori della “Via Sacra” iniziarono nei primi anni del seicento, ad opera del padre cappuccino Giambattista Aguggiari, sotto la regia artistica dall’architetto “sacromontano” Giuseppe Bernascone, detto il Mancino, che ebbe la virtuosa capacità di esaltare il paesaggio naturalistico circostante, con l’edificazione di quattordici cappelle (che raccontano i Misteri del Rosario), cogliendo aspetti del manierismo, del neo-classicismo e del barocco. Grazie alle generose donazioni, e alle notevoli risorse organizzative di padre Aguggiari, ben tredici cappelle vennero terminate nell’arco di vent’anni, ed entro la fine del secolo furono ultimate tutte le composizioni scultoree e gli affreschi interni. Un vero e proprio museo all’aperto del seicento lombardo.

Percorro la “Via Sacra”, e contemplo le quattordici cappelle, una diversa dall’altra, con impianti architettonici in perfetto equilibrio rispetto al paesaggio circostante, e al Mistero che ciascuna concorre a rappresentare. In un simbolico cammino fra il fuori e il dentro, indugio e mi affaccio alle grate per ammirare gli affreschi e le sculture all’interno, accendo l’illuminazione (presente in ogni cappella), e resto stupefatta dalla magnificenza e dall’armonia dei gruppi scultorei, a grandezza naturale, in terracotta policroma, che riproducono i luoghi e i fatti della vita di Gesù.

Eccomi nella scena. Lo scultore Cristoforo Prestinari (autore delle statue della prima cappella) mi aiuta ad entrare nel contesto dell’Annunciazione, Francesco Silva nelle scene della Visitazione e della Presentazione di Gesù al Tempio, Martino Rezzi nel quadro della Natività, e Renato Guttuso nella Fuga in Egitto. E così via per gli altri due Misteri, sino al Santuario di Santa Maria del Monte, che funge da quindicesima cappella. Il contesto paesaggistico, la sequenza architettonica, il valore didascalico dei volti, degli sguardi, e delle espressioni delle statue mi conducono a sperimentare un’esperienza esclusiva da protagonista e non da spettatrice. Da ospite e non da turista. Occorre solo un po’ di silenzio, assumendo l’arte e la bellezza come compagne di viaggio.