LAVORO 4.0, I DUE STRUMENTI DI CUI I SINDACATI DISPONGONO PER FORMARE LE NUOVE PROFESSIONI

Articolo pubblicato il 05 Giugno 2019 su Il Fatto Quotidiano on line area Pro labour.

L’automazione, l’interconnessione, l’elaborazione dei dati, l’internet delle cose e i sistemi integrati verso Impresa 4.0 richiedono ai lavoratori competenze tecniche digitali e nuove competenze trasversali, per superare le tradizionali logiche di ruolo, ed essere in grado di gestire nuovi processi che interagiscono tramite le tecnologie e scambiano informazioni in tempo reale.

I sindacati dispongono di due strumenti concreti per incentivare la realizzazione di attività di formazione indispensabili ad affrontare con successo la Quarta Rivoluzione Industriale, senza accumulare condizioni di svantaggio: i Fondi Interprofessionali e il Credito d’Imposta Formazione 4.0, il primo tramite erogazione di finanziamenti a fondo perduto, il secondo tramite bonus in compensazione fiscale. I Fondi Interprofessionali, operativi dal 2004, sono organismi promossi dalle associazioni di rappresentanza delle imprese e dei lavoratori, finanziati con il contributo obbligatorio dello 0,30% contro la disoccupazione involontaria e finanziano piani formativi condivisi con le parti sociali. Hanno l’obiettivo di intercettare e rispondere alla domanda di formazione, cercando di prevenire l’obsolescenza delle competenze dei lavoratori. Il Credito d’Imposta Formazione 4.0, operativo dal 2017, è un’iniziativa a cura del Ministero dello Sviluppo Economico, finalizzata ad agevolare le imprese che investono nella formazione dei propri dipendenti nell’ambito delle materie aventi come oggetto le tecnologie rilevanti per il processo di trasformazione tecnologica e digitale previsto dal “Piano Nazionale Impresa 4.0”, le cosiddette “tecnologie abilitanti”. Le attività agevolabili vengono disciplinate tramite specifici accordi con le parti sociali aziendali o territoriali.

I due strumenti non solo sono integrabili (per uno stesso piano formativo ogni azienda può beneficiare sia dei Fondi Interprofessionali che del Credito d’Imposta Formazione 4.0), ma basano la propria governance sulla bilateralità e sul ruolo attivo del sindacato: entrambi prevedono specifici accordi, senza i quali le imprese non possono ricevere né i finanziamenti, né beneficiare del credito d’imposta.

Nel mercato del lavoro si sta verificando una pericolosa polarizzazione dovuta alla mancanza di competenze tecnologiche. La Quarta Rivoluzione Industriale richiede lavoratori con elevate competenze digitali, specializzati nella fornitura di prestazioni più che nella mera esecuzione di ordini e direttive. I lavoratori con mansioni standardizzate o esecutive rischiano di essere marginalizzati se non dispongono di una buona padronanza delle nuove tecnologie digitali e se non sono in grado di lavorare all’interno di nuovi modelli organizzativi interconnessi. Affinchè i lavoratori anziani, e i lavoratori con bassa propensione all’utilizzo delle nuove tecnologie non siano discriminati, devono avere la concreta opportunità di frequentare adeguati percorsi di riqualificazione. A questo dovrebbero servire i finanziamenti e gli incentivi messi a disposizione dai Fondi Interprofessionali e dal Credito di Imposta Industria 4.0. Le imprese, che per loro propria natura seguono logiche di mercato, non sono incentivate ad investire sulle categorie “deboli”. Perché mai un imprenditore (al netto di rare e pregevoli eccezioni) dovrebbe investire nella formazione di un lavoratore ultraquarantacinquenne con una retribuzione lorda elevata? Quando al suo posto può assumere un giovane nativo digitale già formato che può pagare molto meno? Ma c’è di più. Molti imprenditori, soprattutto di piccole realtà poco strutturate, non considerano la formazione una risposta efficace per favorire l’attivazione di competenze utili e spendibili a livello organizzativo. Questo dovuto alla diffusa mancanza di progettualità e condivisione (nella maggior parte dei casi solo formale) nell’attivazione dei piani formativi, che troppo spesso non sono che un insieme di corsi a catalogo calati dall’alto e scarsamente integrati con il reale funzionamento delle imprese. Oltre che poco funzionali per i lavoratori-allievi perché affrontano temi standardizzati, senza considerare e valorizzare le competenze già possedute da parte dei destinatari della formazione. Gli enti che erogano la formazione sono come le imprese che, per loro propria natura, seguono logiche di mercato, e non sono gli attori del sistema più qualificati per intercettare e articolare i bisogni formativi dei lavoratori più fragili. Chi si occupa di monitorare che le agevolazioni e i finanziamenti per la formazione vengano spesi per ridurre le condizioni di svantaggio delle categorie a rischio occupazionale? Questo ruolo è affidato unicamente alla bilateralità e alla condivisone da parte dei sindacati. Istituto insostituibile preposto ad orientare la scelta dei lavoratori beneficiari della formazione, dei contenuti necessari a colmare i gap di competenze, e dei dispositivi di controllo rispetto alla destinazione d’uso dei finanziamenti e delle agevolazioni. Attività che può avere luogo solo se gli accordi di condivisione per la presentazione dei piani formativi da finanziare scaturiscono da un serio processo di articolazione dei fabbisogni formativi con particolare attenzione ai lavoratori che manifestano competenze critiche: i sindacati devono rappresentare, farsi carico, promuovere e negoziare in primis iniziative di formazione a favore dei lavoratori le cui competenze non sono adeguate al cambiamento verso Industria 4.0. L’esercizio della bilateralità nel governo dei Fondi Interprofessionali e del Credito d’Imposta Formazione 4.0 è fattore indispensabile per colmare il mismatch di competenze da parte dei lavoratori a rischio occupazionale, favorendo adeguate politiche di crescita sostenibile, anche a favore delle categorie professionali più deboli.