LA REGOLAZIONE DEL SISTEMA DI FORMAZIONE CONTINUA ITALIANO
Logiche di utilità pubblica o logiche di mercato? Quali rischi per le piccole e medie imprese.
Come funziona il sistema di formazione continua italiano?
Quali principi ne determinano le regole?
Dal 2004 il sistema di formazione continua italiano è gestito interamente dalle parti sociali (associazioni di rappresentanza dei lavoratori e delle imprese).
Sulla carta il sistema è democratico e orientato al bene comune.
Dovrebbe funzionare così: le parti sociali avrebbero il compito di rilevare e rappresentare la domanda formativa delle imprese e dei lavoratori.
Orientare l’attribuzione dei cospicui finanziamenti messi a disposizione dall’INPS.
Affidare il compito di erogare attività di formazione a soggetti terzi, in possesso di tutte le certificazioni di qualità del caso.
Una volta ottenuto il finanziamento, le parti sociali hanno strumenti formalizzati (i così detti comitati paritetici di pilotaggio) per monitorare che la formazione erogata sia efficace per supportare le imprese nel mantenimento della propria competitività, e i lavoratori nella propria occupabilità.
Un sistema teoricamente regolato con logiche pubbliche, democratico, dotato di meccanismi di controllo, e in cui pare che il servizio sia veramente di utilità pubblica, orientato al bene comune e alla rimozione delle condizioni di svantaggio delle categorie più deboli.
Ma nella pratica cosa accade? Nella pratica il sistema funziona secondo logiche di mercato.
Soprattutto per le piccole e medie imprese, maggior parte del patrimonio industriale italiano.
I soggetti tecnici (quelli con tutte le certificazioni del caso) contattano le imprese, propongono alle imprese (più corretto dire all’imprenditore, perché i lavoratori non vengono proprio interpellati) i propri corsi di formazione, e ottengono dall’imprenditore il consenso ad aderire ad una domanda di finanziamento.
Sempre i soggetti tecnici “confezionano” piani formativi e domande di finanziamento formalmente impeccabili, che sottopongono alle parti sociali per approvazione.
Le parti sociali, che non hanno articolato alcuna domanda e non hanno minimamente idea dei fabbisogni concreti delle imprese e dei lavoratori, si limitano a ratificare o meno le istanze presentate dai soggetti tecnici per ottenere i finanziamenti.
La ratifica si basa spesso e volentieri su rapporti personali e fiduciari.
Un sistema che nella configurazione prometterebbe logiche democratiche e partecipative, ma nella realtà viene regolato interamente da logiche di mercato, per quanto riguarda le imprese, e logiche corporative, per quanto riguarda le parti sociali.
Un sistema basato su architetture di rappresentanza ormai superate.
Occorre ripensare il sistema di governance. Occorre domandarsi come meglio intercettare i fabbisogni delle imprese e dei lavoratori.
Occorre ripensare come evitare di gestire un sistema di utilità pubblica solo secondo logiche di mercato e corporative.